Va', ché l'hai fatto a me, barbaro arciero,
Ché contro il voler mio
M'hai reso amante il core.
Empio tiranno Amore,
Saprò ben io
Vendicarmi di te con sdegno altero.
Va', ché l'hai fatto a me, barbaro arciero.

Appena io credea
Che il core godea
Un lieto sereno,
Che il dardo d'un guardo
Aperse nel seno,
La libertà fuggi con passo alato:
Me ne vendicherò, nume bendato.

Oh qual fiera vendetta
Vuo' prender contro te, fanciul tiranno:
Ogni tuo fiero inganno
Paleserò, sì, sì!
Bruggiarti io spero
Col foco c'ho nel sen l'arco e le piume;
spero, barbaro nume,
Involarti coi venti
De' miei sospiri ardenti
Il velo c'hai negl'occhi. A suon di cetra
Ti chiamerò crudele,
Fabbro d'iniquità, centro di frodi,
Che nessuno ti lodi;
Che nessuno ti siegua, esclamerò!
Me ne vendicherò!

Pregherò sdegno guerriero,
Che severo
I 'arco impugni contro te.
Farò voti alla ragione
Che a tenzone
Saggia mova a prò di me.
Darò sulle furie,
D'oltraggi et ingiurie:
Io ti caricherò.
Me ne vendicherò.

Ma dove son, che parlo?
Ahi! Forsennato,
Ecco ch'io son legato
Da un sciolto crine.
Ecco ch'un guardo, un riso
A lagrimar m'invita.

Oh com'è folle
Colui ch'opporsi crede
Al gran poter d'amore
Al cui strale, al cui ardore
Soggiace ogn' alma e l'universo cede.

Sì, sì, torna mio core
A piangere, or che, misero,
Torni ad amar! Non pensar
Con l'onde del tuo pianto il destin frangere.
Resistere chi puote,
Con l'impero d'Amor? Chi può dar forza,
Chi può frenare i sensi,
Che non prestino ossequio alla beltà?

A Dio, libertà!
Son preso, son vinto:
Ovunque m'aggiro,
Sospiro, sospiro.
Di lacci son cinto;
Da un guardo ridente,
Piangente mendico,
Mendico pietà.
A Dio, libertà.