Lucio Silla

CORO
Fuor di queste urne dolenti    
deh n'uscite alme onorate,
e sdegnose vendicate
la romana libertà.
	
GIUNIA
O del padre ombra diletta
se d'intorno a me t'aggiri,
i miei pianti, i miei sospiri
deh ti movano a pietà.

CORO
Il superbo, che di Roma
stringe i lacci in Campidoglio,
rovesciato oggi dal soglio
sia d'esempio ad ogni età.

Guerrier, che d'un acciaro  
impallidisce al lampo,
a dar non vada in campo
prove di sua viltà.

Se or cede a un vil timore,
se or cede alla speranza,
e qual sarà incostanza
se questa non sarà?

Quest'improvviso tremito  
che in sen di più s'avanza,
non so se sia speranza,
non so se sia furor.

Ma fra suoi moti interni
fra le mie smanie estreme,
o sia furore, o speme,
paventi il traditor.

Se il labbro timido  
scoprir non osa
la fiamma ascosa
per lui ti parlino
queste pupille
per lui ti svelino
tutto il mio cor.

D'ogni pietà mi spoglio  
perfida donna audace;
se di morir ti piace
quell'ostinato orgoglio
presto tremar vedrò.

(Ma il cor mi palpita...
perder chi adoro?...
svenare barbaro,
il mio tesoro?...)

Che dissi? Ho l'anima
vile a tal segno?
Smanio di sdegno;
morir tu brami,
crudel mi chiami,
tremane, o perfida,
crudel sarò.

Quando sugl'arsi campi  
scende la pioggia estiva,
le foglie, i fior ravviva,
e il bosco, il praticello
tosto si fa più bello,
ritorna a verdeggiar.

Così quest'alma amante
fra la sua dolce speme
dopo le lunghe pene
comincia a respirar.

Se gloria il crin ti cinse  
di mille squadre a fronte
or la temuta fronte
qui ti coroni Amor.

Stringa quel braccio invitto
lei, che da te s'adora.
Se con i mirti ancora
cresce il guerriero allor.

Strider sento la procella  
né risplende amica stella
pure avvolta in tanto orrore
la speranza coll'amore
mi sta sempre in mezzo al cor.

De' più superbi il core  
se Giove irato fulmina,
freddo spavento ingombra,
ma d'un alloro all'ombra
non palpita il pastor.

Paventino i tiranni
le stragi, e le ritorte,
sol rida in faccia a morte
chi ha senza colpe il cor.

Pupille amate    
non lagrimate
morir mi fate
pria di morir.

Quest'alma fida
a voi d'intorno
farà ritorno
sciolta in sospir.

Fra i pensier più funesti di morte    
veder parmi l'esangue consorte
che con gelida mano m'addita
la fumante sanguigna ferita
e mi dice: che tardi a morir?

Già vacillo, già manco, già moro
e l'estinto mio sposo, ch'adoro
ombra fida m'affretto a seguir.