by Dante Alighieri (1265 - 1321)
Li occhi dolenti per pietà del core
Language: Italian (Italiano)
Li occhi dolenti per pietà del core hanno di lagrimar sofferta pena, sì che per vinti son remasi omai. Ora, s'i' voglio sfogar lo dolore, che a poco a poco a la morte mi mena, convenemi parlar traendo guai. E perché me ricorda ch'io parlai de la mia donna, mentre che vivia, donne gentili, volentier con vui, non voi parlare altrui, se non a cor gentil che in donna sia; e dicerò di lei piangendo, pui che si n'è gita in ciel subitamente, e ha lasciato Amor meco dolente. Ita n'è Beatrice in alto cielo, nel reame ove li angeli hanno pace, e sta con loro, e voi, donne, ha lassate: no la ci tolse qualità di gelo né di calore, come l'altre face, ma solo fue sua gran benignitate; ché luce de la sua umilitate passò li cieli con tanta vertute, che fé maravigliar l'etterno sire, sì che dolce disire lo giunse di chiamar tanta salute; e fella di qua giù a sé venire, perché vedea ch'esta vita noiosa non era degna di sì gentil cosa. Partissi de la sua bella persona piena di grazia l'anima gentile, ed èssi gloriosa in loco degno. Chi no la piange, quando ne ragiona, core ha di pietra sì malvagio e vile, ch'entrar no i puote spirito benegno. Non è di cor villan sì alto ingegno, che possa imaginar di lei alquanto, e però no li ven di pianger doglia: ma ven tristizia e voglia di sospirare e di morir di pianto, 0e d'onne consolar l'anima spoglia chi vede nel pensero alcuna volta quale ella fue, e com'ella n'è tolta. Dannomi angoscia li sospiri forte, quando 'l pensero ne la mente grave mi reca quella che m'ha 'l cor diviso: e spesse fiate pensando a la morte, venemene un disio tanto soave, che mi tramuta lo color nel viso. E quando 'l maginar mi ven ben fiso, giugnemi tanta pena d'ogne parte, ch'io mi riscuoto per dolor ch'i' sento; e sì fatto divento, che da le genti vergogna mi parte. Poscia piangendo, sol nel mio lamento chiamo Beatrice, e dico: "Or se' tu morta?"; e mentre ch'io la chiamo, me conforta. Piange di doglia e sospirar d'angoscia mi strugge 'l core ovunque sol mi trovo, sì che ne 'ncrescerebbe a chi m'audesse: e quale è stata la mia vita, poscia che la mia donna andò nel secol novo, lingua non è che dicer lo sapesse: e però, donne mie, pur ch'io volesse, non vi saprei io dir ben quel ch'io sono, sì mi fa travagliar l'acerba vita; la quale è sì 'nvilita, che ogn'om par che mi dica: "Io t'abbandono", veggendo la mia labbia tramortita. Ma quel ch'io sia la mia donna il si vede, e io ne spero ancor da lei merzede. Pietosa mia canzone, or va piangendo; e ritrova le donne e le donzelle a cui le tue sorelle erano usate di portar letizia; e tu, che se' figliuola di tristizia, vatten disconsolata a star con elle.
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Text Authorship:
- by Dante Alighieri (1265 - 1321), appears in La vita nuova [author's text checked 1 time against a primary source]
Musical settings (art songs, Lieder, mélodies, (etc.), choral pieces, and other vocal works set to this text), listed by composer (not necessarily exhaustive):
- by Nicolai Jacobsen (b. 1979), "Li occhi dolente", 2006 [ tenor, horn, and piano ], from Dante Songs, no. 2 [sung text not yet checked]
- by Nicolai Jacobsen (b. 1979), "E quale è stata", 2006 [ tenor, horn, and piano ], from Dante Songs, no. 3 [sung text not yet checked]
Settings in other languages, adaptations, or excerpts:
- Also set in Russian (Русский), adapted by Lev L'vovich Kobylinsky (1889 - 1947) , no title [an adaptation] ; composed by Sergei Ivanovich Taneyev.
Researcher for this text: Emily Ezust [Administrator]
This text was added to the website: 2009-10-05
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