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Le Stagione Italiche

Song Cycle by Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)

per una voce di soprano e pianoforte

1. Lauda per un Morto
 (Sung text)

Language: Italian (Italiano) 
O fratel nostro, che se' morto e sepolto,
Ne le sue braccia Dio t'abbia raccolto.

O fratel nostro, la cui fratellanza
Perduta abbiam, che morte l'ha partita,
Dio ti diè pace, e vera perdonanza
Di ciò che l'offendesti in questa vita:
L'anima salga, se non è salita,
Dove si vede 'l Salvador 'n volto.

La Vergine Maria, ch'è'n grande stuolo
De li Angeli, et Arcangeli di Dio,
Preghiam, che preghi'l suo caro Figliuolo,
Che ti perdoni, e dimetti ogne rio,
E de l'anima tua empia 'l desio,
Quando t'ara de li peccati sciolto.

Li Apostoli preghiamo, e Vangelisti,
Patriarchi e Profeti, e Confessori,
Acciò che tu lo santo regno acquisti,
Che per te a Dio chiasceduno adori:
Si che se tu nel Purgator dimori
Pervenghi al porto, che si brama molto.

O Martiri, preghiam, ch'a Dio davante
Preghiate con le Vergini, e Innocenti,
Con tutti gli altri Santi, a con le Sante
Che dal nemico al mondo fur vincenti,
Che per lor santi meriti contenti
L'anima de la qual tu se' disciolto.

Fratel divoto de la Santa Croce,
Che per memoria de la Passione
La carne flagellasti, e con la voce
Facesti a Dio fervente orazione;
Il Salvador de' peccator campione
Seco ti tenga, poi ch' a noi t'ha tolto.

O fratel nostro, che se' morto e sepolto,
Ne le sue braccia Dio t'abbia raccolto.

Text Authorship:

  • by Brunetto Latini (c1220 - 1294), "Lauda per un morto"

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Research team for this page: Emily Ezust [Administrator] , Ferdinando Albeggiani , Malcolm Wren [Guest Editor]

2. Canto della Neve
 (Sung text)

Subtitle: dai Canti carnevaleschi

Language: Italian (Italiano) 
Chi colla neve solazzar si vuole,
si faccia al balcon fuora;
chè s'ell'è si bell'ora,
forse doman l'avrà distrutta il sole.
La neve,
donne,
dà di sè vaghezza,
ma poco tempo dura ch'al paragon di lei,
vostra bellezza fece proprio natura:
perché chi rettamente in lei pon cura
la vede men dura che neve al sole.
Or ch'egli è 'l tempo,
donne, egli erra assai colui che'l tempo aspetta,
benchè tal giuoco non occorre mai farlo con troppa fretta:
chè chi riceve mal.
quando l'uom getta,
spesso invan dell' error si pente e duole.
Orsù,
donne,
al balcon fatevi avanti,
gittate e ricevete;
perché di questo i vostri cari amanti contenti esser vedrete,
e se'nsieme al gittar rincontrerete,
più bel colpo di quel far non si suole.
Di gentilezza e di galanteria alla neve giuochiamo;
ma per non la straziar nè gittar via,
a fante non ne diamo:
chè chilcon lor s'affronta
ognor veggiamo,
che di lor bestial'atti alfin si duole.

Text Authorship:

  • by Anonymous / Unidentified Author

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Researcher for this page: Malcolm Wren [Guest Editor]

3. Capriccio
 (Sung text)

Language: Italian (Italiano) 
Son troppo sazia,
non ne vo' più :
cantar sempre d 'amore,
nè mai cangiar tenore,
è una cosa che sazia,
è una gran servitù.
Son troppo sazia,
non ne vo' più.
Non si parli d'amore : sen vada in bando :
cantiam d'altro , mio cor : cantiam d'Orlando .
Era Orlando innamorato,
forsennato,
per Angelica la bella .
O pazzerella:
ecco che amor torna in isteccato.
Tosto volgiamo i carmi 
dove si tratta sol di guerre e d'armi .
Troiani, a battaglia :
già de le spade ostili appare il lampo : 
tutta l'Europa è in campo ;
omai non può tardar che non v'assaglia :
Troiani, a battaglia.
Già sentite la tromba ,
come rimbomba;
quanto cada la spada ,
sentirete come taglia :
Troiani, a battaglia 
correte a difendere 
la famosa rapina 
di beltà peregrina ,
di quella gran beltà ch' amor rapì .
Sia maledetto amor : eccolo qui .
Che gran disgrazia 
sempre amor per tutto fu .
Son troppo sazia ,
non ne vo'più .
Ma, lassa, che farò perchè da me 
amor rivolga il piè?
Mai dal cor non si divide,
nel pensier sempre soggiorna :
s'io 'l minaccio , ed ei si ride ;
s'io 'l discaccio, ed ei ritorna .
Mio cor , che puoi far tu , 
che far poss'io , per non parlarne più ?
Ah, che un 'alma innamorata , 
o felice sventurata , 
abbia pure o guerra o pace ,
sol non parla d'amore allor che tace.

Text Authorship:

  • by Francesco de Lemene (1634 - 1704)

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Researcher for this page: Malcolm Wren [Guest Editor]

4. Ditirambo terzo
 (Sung text)

Subtitle: dalle Laudi

Language: Italian (Italiano) 
O grande Estate, delizia grande tra l'alpe e il mare,
tra così candidi marmi ed acque così soavi
nuda le aeree membra che riga il tuo sangue d'oro
odorate di aliga di rèsina e di alloro,
laudata sii,
o voluttà grande nel cielo nella terra e nel mare
e nei fianchi del fauno, o Estate, e nel mio cantare,
laudata sii
tu che colmasti dè tuoi più ricchi doni il nostro giorno
e prolunghi su gli oleandri la luce del tramonto
a miracol mostrare!

Ardevi col tuo piede le silenti erbe marine,
struggevi col tuo respiro le piogge pellegrine,
tra così candidi marmi ed acque così soavi
alzata; e grande eri, e pur delle più tenui vite
gioiva la tua gioia, e tutto vedeva la tua pupilla
grande: le frondi delle selve e i fusti delle navi,
e la ragia colare, maturarsi nelle pine
le chiuse mandorlette e la scaglia che le sigilla
pender nel fulvo, e l'orme degli uccelli nell'argilla
dei fiumi, l'ombre dei voli su le sabbie saline
vedea, le sabbie rigarsi come i palati cavi,
al vento e all'onda farsi dolci come l'inguine e il pube
amorosamente,
imitar l'opre dell'api,
disporsi a mò dei favi
in alveoli senza miele,
e l'osso della seppia tra le brune carrube
biancheggiar sul lido, tra le meduse morte
brillar la lisca nitida, la valva
tra il sughero ed il vimine variar la sua iri,
pallida di desiri la nube
languir di rupe in rupe
lungh'essi gli aspri capi
qual molle donna che si giaccia cò suoi schiavi,
scorrere la gòmena nella rossa
cúbia, sorgere la negossa
viva di palpitanti pinne, curvarsi al peso vivo
la pertica, la possa
dei muscoli, gonfiarsi nelle braccia vellute,
una man rude
tendere la scotta,
al garrir della vela forte
piegarsi il bordo, come la gota del nuotatore,
la scía mutar colore,
tutto il Tirreno in fiore
tremolar come alti paschi al fiato di ponente.

O Estate, Estate ardente,
quanto t'amammo noi per t'assomigliare,
per gioir teco nel cielo nella terra e nel mare,
per teco ardere di gioia su la faccia del mondo,
selvaggia Estate
dal respiro profondo,
figlia di Pan diletta, amor del titan Sole,
armoniosa,
melodiosa,
che accordi il curvo golfo sonoro
come la citareda
accorda la sua cetra,
dolore di Demetra
che di te si duole
nè solstizii sereni
per Proserpina sua perduta primavera!
O fulva fiera,
o infiammata leonessa dell'Etra,
grande Estate selvaggia,
libidinosa,
vertiginosa,
tu che affochi le reni,
che incrudisci la sete,
che infurii gli estri,
Musa, Gorgóne,
tu che sciogli le zone,
che succingi le vesti,
che sfreni le danze,
Grazia, Baccante,
tu ch'esprimi gli aromi,
tu che afforzi i veleni,
tu che aguzzi le spine,
Esperide, Erine,
deità diversa,
innumerevole gioco dei vènti
dei flutti e delle sabbie,
bella nelle tue rabbie
silenziose, acre ne' tuoi torpori,
o tutta bella ed acre in mille nomi,
fatta per me dei sogni che dalla febbre del mondo
trae Pan quando su le canne sacre
delira (delira il sogno umano),
divina nella schiuma del mare e dei cavalli,
nel sudor dei piaceri,
nel pianto aulente delle selve assetate,
o Estate, Estate,
io ti dirò divina in mille nomi,
in mille laudi
ti loderò se m'esaudi,
se soffri che un mortal ti domi,
che in carne io ti veda,
ch'io mortal ti goda sul letto dell'immensa piaggia
tra l'alpe e il mare,
nuda le fervide membra che riga il suo sangue d'oro
odorate di aliga di rèsina e di alloro!

Text Authorship:

  • by Gabriele D'Annunzio (1863 - 1938), "Ditirambo iii", written 1900

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Researcher for this page: Malcolm Wren [Guest Editor]
Total word count: 1203
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