Figlio del bosco, parente del giglio,
ti ho tanto cercato, a me sconosciuto,
nel cimitero remoto, deserto e invernale,
e per la prima volta, bel fiore, ti trovo.
 
Quale sia stata la mano che ti ha fatto fiorire,
lo ignoro, e ignoro di chi sia la tomba che custodisci;
se di un giovinetto, fu per il suo bene,
se di una fanciulla, il suo destino fu dolce.
 
A notte nel bosco, fra candore di neve,
dove brucando si accosta il mite cerbiatto,
presso alla cappella e allo stagno cristallino,
cerco il regno magico dove tu abiti.
 
Sei bello, figlio della Luna, non del Sole,
ciò che gli altri fiori inebria ti sarebbe mortale,
nutre il tuo corpo casto, colmo di rugiada e profumo,
l'aria balsamica e dolce di un gelo celeste.
 
Nella pienezza dorata del tuo seno si annida
Un profumo che si avverte appena;
così profumava, da mano angelica sfiorata,
la veste nuziale della benedetta Madre.
 
A ricordo della Passione divina cinque gocce purpuree
Sarebbero bastate a vestirti, uniche e belle,
Ma durante il Natale tu con sapienza infantile
La tua bianca veste adorni con un tocco di chiaro verde. 
 
L'elfo, che alla mezzanotte
Si reca a danzare nella valle illuminata dalle stelle,
si arresta timido davanti alla tua gloria mistica,
resta a distanza incuriosito, e fugge via.